sabato 30 aprile 2011

La solitudine dei responsabili primi - Capitolo 7

Siamo della monadi (anch'io conosco dei paroloni; l'avevo imparato grazie all'intervento di una persona che era venuto tanti anni fa ad un convegno in cui ero relatore, "La politica come forma di arte contemporanea italiana"), lo so, ed è quello che scriverò nella mia autobiografia, che verrà pubblicata a giorni, poco dopo l'annuncio del mio ritiro dalla vita politica ed il mio trasferimento in un'isola tropicale che ho comprato per l'occasione.
Tutti gli aneddoti che ti ho raccontato saranno la base di una biografia avvincente, scritta a nove dita (peccato per il mio indice della mano sinistra), che stupirà i posteri. Anzi no, penso che non li stupirà.
Non avrei mai potuto essere al fronte della politica nazionale tanti anni in un paese dove la gente sia ancora capace di sorprendersi, di stupirsi.
Nonostante tutto, mi ritrovo solo come lo sono sempre stato nella mia vita: è la solitudine il grande male della politica italiana.
Tutti vogliono risolvere la situazione da soli, l'eccesso di protagonismo è evidente quasi quanto l'inettitudine di tutti gli integranti della classe politica. Ovviamente lo dico con cognizione di causa, visto che il primo inetto sono senza ombra di dubbio proprio io.
La solitudine di noi politici monadi ci porta ad allontanarci dal paese, si direbbe in un'attenta analisi sociologica: posso dire che è totalmente inesatto.
Bisogna essere soli per entrare in politica: i legami affettivi compromettono le nostre possibilità perché si sarebbe costretti a trattare con i propri simili nell'ottica di una protezione dei propri cari; ogni altro tipo di legame umano, se non superficiale, potrebbe creare empatia ed umanità, armi letali per la carriera di un politico che aspiri solo ed esclusivamente ad usare il potere. La solitudine deve essere, quindi, congenita: lo avevo imparato da mio padre che era uscito di scena perché, innamorato di mia madre, l'aveva accontentata quando lei aveva detto basta.
Più si è soli, meglio si può fare politica (che verrà anche dal greco antico, come mi dissero una volta, indicando lo stretto rapporto tra i cittadini per il governo della città; in realtà, intessere rapporti ha lo scopo di creare vincoli omertosi in cui tutti coprono le malefatte di tutti). «Non c'è colore, non c'è ideologia: siamo soli in un mondo che bisogna fottere ed onestamente io vi ho fottuto», annuncerò nel mio videoblog in diretta da una spiaggia tropicale, fra qualche giorno.


COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Questo è un racconto in sette puntate, scritto nella notte del 22 aprile 2011.
Un avviso è d'obbligo: ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti o esistiti è puramente casuale.
Sarà facile trovare le varie puntate, semplicemente cercando e cliccando sulla tag solitudine responsabili primi.
Non sarà possibile commentare, visto che durante questa settimana sarò assente (l'ultima puntata, quella di oggi, è l'unica commentabile).

Ribadisco che questo piccolo progetto mi sta molto a cuore, come già ho fatto in un'altra occasione.
Propongo di nuovo una piccola iniziativa per far crescere questo blog, creando i presupposti per convertirlo in un luogo dove sviluppare idee, sebbene il punto di partenza sia solo un abbozzo di satira.
Se ti piace quello che leggi, ti suggerisco di copiare ed incollare il link di questo pezzo (o di uno che ti è piaciuto) in un'email da mandare a persone con una sensibilità affine alla tua (alla nostra, diciamo) o semplicemente farlo girare sulle reti sociali.
In poche parole, vorrei essere presentato a persone che forse potrebbero apprezzare le cose che scrivo.
Faccio affidamento, in particolare, sulle persone (followers e non) che mi seguono tutti i giorni in questa nuova avventura pseudo-letteraria. 
Grazie

venerdì 29 aprile 2011

La solitudine dei responsabili primi - Capitolo 6

Il capitolo più difficile della mia vita politica è rappresentato dalla grande rivoluzione del 2013. Un sito internet, www.malessere.org, era riuscito a canalizzare le tensioni sociali del paese con un discorso apolitico piuttosto semplice: erano le banche a governare (non posso non essere d'accordo sul tema, visto che la Cassa di Risparmio della mia città ha speso deciso la mia linea politica), il mondo del lavoro era diventata una vera e propria "trappola per giovani" e bisognava ridare valore alla cultura («la cultura non serve ad un cazzo, figlio mio», come dimenticarlo).
Tali semplici nozioni avevano dato fuoco alle coscienze degli italiani come in un qualsiasi paese di quelli con nomi strani dove hanno fatto le rivoluzioni nel 2011.
In un solo mese ed in modo totalmente pacifico, il Paese era stato conquistato dai giovani e motivati rivoluzionari senza spargimenti di sangue e senza bombardamenti di forze straniere. Sembrava quasi l'Islanda!
I poteri forti dell'establishment ovviamente non restarono a guardare: si elaborò un piano piuttosto semplice, il piano Windows, chiamato così non solo perché i nomi in inglese sono più fighi (ricordando gli appellativi delle ultime grandi operazioni militari internazionali), ma anche perché il piano consisteva nel restare alla finestra (window) nell'attesa di un fenomeno di autocorruzione dell'emergente classe politica o del suo nuovo e fiammante elettorato (così come avviene se si lascia un computer nuovo acceso con Windows: si autocorrompe nel giro di poche settimane, dicono). Sapevamo che l'elettorato sarebbe stato più rapido...
Alla fine della rivoluzione si promulgò una nuova costituzione con l'abolizione della proprietà (anche immobiliaria), la laicità dello Stato, la meritocrazia come criterio guida dell'operato nel settore pubblico e privato, la tutela della cultura ed altre amenità simili, convocando le elezioni a marzo 2014 per confermare la nuova carta costituzionale e dare corpo al nuovo Parlamento.
Ovviamente il mio partito ha preso il 14% dei voti in quelle elezioni (semplicemente ricordando alla gente quanto si viveva bene prima della rivoluzione), mentre i miei alleati hanno preso un buon 48% complessivo (l'aiuto di qualche paese estero era stato fondamentale). La morale era stata: "i cambi possono spaventare".



COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Questo è un racconto in sette puntate, scritto nella notte del 22 aprile 2011.
Un avviso è d'obbligo: ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti o esistiti è puramente casuale.
Sarà facile trovare le varie puntate, semplicemente cercando e cliccando sulla tag solitudine responsabili primi.
Non sarà possibile commentare, visto che durante questa settimana sarò assente (l'ultima puntata, quella del 30 aprile, sarà commentabile).

Ribadisco che questo piccolo progetto mi sta molto a cuore, come già ho fatto in un'altra occasione.
Propongo di nuovo una piccola iniziativa per far crescere questo blog, creando i presupposti per convertirlo in un luogo dove sviluppare idee, sebbene il punto di partenza sia solo un abbozzo di satira.
Se ti piace quello che leggi, ti suggerisco di copiare ed incollare il link di questo pezzo (o di uno che ti è piaciuto) in un'email da mandare a persone con una sensibilità affine alla tua (alla nostra, diciamo) o semplicemente farlo girare sulle reti sociali.
In poche parole, vorrei essere presentato a persone che forse potrebbero apprezzare le cose che scrivo.
Faccio affidamento, in particolare, sulle persone (followers e non) che mi seguono tutti i giorni in questa nuova avventura pseudo-letteraria. 
Grazie

giovedì 28 aprile 2011

La solitudine dei responsabili primi - Capitolo 5

Avere problemi con la giustizia non era mai rientrato nei miei piani, ma gli scandali sessuali erano un obbligo per tutte le persone del mio livello.
L'intercettazione di due telefonate mie a due veterinari coinvolti in un enorme traffico di sostanze cancerogene (somministrate a bovini di mezza Italia per aumentarne la produzione di latte) scatenò il putiferio.
«Portami una giovane cagna», era stata la frase che mi incastrava. Pubblicata sui giornali, aveva causato un improvviso ed ingiustificato calo di preferenze nei miei confronti.
Le indagini avevano poi chiarito qual era il campo di imputazione: 544-ter del Codice Penale, ovvero "maltrattamento di animali". Ebbene sì, attraversavo una fase di zoofilia, ne avevo abbastanza del sesso facile con ragazze bellissime.
Il processo terminò con un nulla di fatto, un'assoluzione con formula piena nei miei confronti sulla base di una semplice circostanza: non avevo maltrattato nessun animale vivo, perché attraversavo anche una fase di necrofilia. In realtà, agli atti, risultò che soffrivo le conseguenze di uno degli ultimi attentati: la consulenza medica di parte fece passare la versione di un'alterazione dello stato di coscienza, dovuto ad un recente trauma cranico.
L'opinione pubblica, in ogni caso, rimase totalmente indifferente (ci avrei proprio giurato), mentre nei circoli delle persone "per bene", dove c'erano cani bellissimi che valevano migliaia di euro (che iniziavano ad avere uno sguardo piuttosto smarrito) si propagò la moda di fare sesso come lo avevo fatto io, visto che avevo convinto buona parte del jet set della genuinità di tale esperienza (che io non avrei ripetuto mai più, visto che ero tornato ad accoppiarmi con donne giovani, procaci e con tanta voglia di fare spettacolo).
In un'intervista al giornale "Amici della Verità" (appena fondato da mio cugino, che aveva avuto in sposa una figlia di un ministro come se si trattasse di un matrimonio tardo-medievale) finalmente si chiarì la mia posizione: un politico senza uno scandalo sessuale perdeva appeal, era stata un'invenzione dei media e/o dei rivali politici e c'era bisogno di una legge che ripristinasse lo status quo e/o la verità.
Una settimana più tardi fu emanata una legge di protezione del buon nome dei politici, una sorta di damnatio memoriae al contrario: quando un politico veniva assolto (in qualsiasi modo), venivano cancellati tutti i dati del processo in tutti i luoghi materiali e non in cui fosse stato trattato. La reputazione dei "politici per bene" era finalmente salva grazie a me o, per meglio dire, all'amplesso canino con Kitty e Minnie (la gente da sempre brutti nomi ai cani di piccola taglia).



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mercoledì 27 aprile 2011

La solitudine dei responsabili primi - Capitolo 4

Era importante per me mantenere viva l'attenzione sul mio personaggio per far sì che l'opinione pubblica avesse dei veri e propri sensi di colpa nei miei confronti, lasciando così da parte l'astio che suscitavo.
Una delle mie armi preferite erano i "finti attentati": da un paio d'anni, quando in giro si cominciava a dubitare della mia importanza politica, facevo valere i miei contatti negli ambienti criminali per realizzare qualche agguato nei miei confronti.
A seguito del famoso rapimento avevo ottenuto anche una scorta, circostanza che facilitava la veridicità degli attentati nei miei confronti.
Proprio l'altro ieri mi hanno sparato, però avevo indosso un provvidenziale quanto scontato giubbotto antiproiettili.
Non temevo che tutto si ritorcesse contro di me come nella favoletta che mi raccontavano da piccolo, quella di "Al lupo! Al lupo!" (la cui morale, mi avevano spiegato, consisteva nel fatto che il pastore aveva una limitata influenza sui propri concittadini, motivo per il quale veniva mangiato alla fine).
I giornali impazzivano per gli attentati mal riusciti, per cui riuscivo ad ottenere interviste nei vari quotidiani a tiratura nazionale con gran facilità. «Non riusciranno a fermarmi: io faccio il bene di tutti» era la mia frase, il mio "tormentone", con cui chiudevo ogni intervista. Ormai lo utilizzavo sempre come motto nelle mie campagne elettorali, risparmiando sul marketing elettorale (già avevo lo slogan impresso su centinaia di miglia di magliette).
Per essere sicuro di essere preso sul serio, ad esempio, in un attentato di sei mesi, fa ho voluto fare le cose per bene: la mia macchina era collegata ad una bomba, circostanza di cui ero a conoscenza, così come sapevo quali cavi avrei dovuto tagliare per disattivarla.
Mi sono preso così sul serio da aver tagliato non solo i cavi giusti, ma anche l'indice della mano sinistra con cui separavo il cavo rosso da quello verde. Questa ferita da guerra faceva di me un moderno eroe parlamentare ed inoltre mi garantiva l'accesso a pratiche sessuali per me sconosciute fino a quella fortunata amputazione (ora fare fisting era molto più comodo e semplice).



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martedì 26 aprile 2011

La solitudine dei responsabili primi - Capitolo 3

Avevo le mani legate, una benda sugli occhi ed un bavaglio sulla bocca, ma me l'aspettavo. Che ironia, il bavaglio! Avevo appena votato la cosiddetta "legge bavaglio" (non so perché la chiamavano così), portando in dote la bellezza di 7 voti. Il risultato erano stati gli immediati complimenti del premier nell'edizione serale del tg: «Responsabile è il miglior parlamentare della storia della Repubblica Italiana, visto che capisce la politica come pochi».
Come si può notare, non si era sparsa ancora la voce del mio sequestro.
Ebbene sì, ero stato sequestrato subito dopo la votazione, a pochi metri dal Parlamento. Non avevo la scorta e si notava.
Le trattative per la mia liberazione erano state oltremodo facili (me le guardavo spesso durante le mie notti insonni grazie ad un DVD che mi avevano registrato, quando il consumo eccessivo di cocaina non mi lasciava dormire).
I mie tre rapitori avevano fatto pervenire le loro richieste direttamente al Premier ed avevano ottenuto tutto quello che volevano: il primo avrebbe partecipato al Grande Fratello, il secondo sarebbe stato candidato alle prossime elezioni regionali in Lombardia ed il terzo, infine, sarebbe entrato a far parte dello staff di una squadra di calcio di Serie A.
D'altronde, sebbene la mia prigionia fosse durata due mesi, le richieste in questione non erano arrivate prima dello scadere del cinquantaduesimo giorno del rapimento. Era avvenuto tutto secondo i miei piani: avevo potuto vivere un vero sequestro di persona, ero dimagrito 15 chili perché i miei carcerieri mi alimentavano poco (rientrava nell'accordo che avevamo) ed avevo piazzato tre piccoli futuri malavitosi nello star system italiano, che erano anche figli di tre miei vecchi ed importanti elettori, le cui famiglie mi avevano apportato sempre un sacco di voti.
In più, mi ero anche convertito in un eroe popolare, che aveva resistito ad un sequestro di persona da parte di una pericolosa banda terrorista con fini terroristi e con rivendicazioni politiche a cui lo Stato non aveva ceduto: insomma, un successo su tutta la linea.



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lunedì 25 aprile 2011

La solitudine dei responsabili primi - Capitolo 2

Essere un leader politico importante ha i suoi pro ed i suoi contro: in questi giorni mi offendono molto per strada come se fossi una Rita Dalla Chiesa qualsiasi. 
La mia colpa sarebbe quella di vendere il mio voto al miglior offerente in Parlamento, dicono i giornali (che io non leggo, ma pago una persona per farlo e per poi spiegarmene il contenuto). Senza dubbio, c'è un equivoco, dovuto al fatto che il pubblico interpreta male l'articolo della Costituzione di cui ho già parlato.
La Costituzione mi autorizza a fare quello che voglio del mio posto in Parlamento senza consegne da parte di un partito o degli elettori. Anzi, se ce ne fosse bisogno, si fonda un nuovo partito per appoggiare esternamente governo ed opposizione, ricevendo, già che ci siamo, anche un po' di finanziamenti pubblici.
Bisogna essere liberi, la libertà è l'unico motivo per vivere: la vita è bella, quando uno è libero.
Ed onestamente (un avverbio che mi piace molto) io sono libero grazie al fatto di avere un posticino fisso in Parlamento.
Mi domando come sia possibile che la gente si lamenti tanto del fatto di non trovare un posto fisso, a me sembra veramente facile: lo pensavo proprio oggi durante una seduta in Parlamento, notando come fosse pieno di gente impegnata a fare il proprio lavoro. In realtà, il pienone era dovuto ad un'importante votazione su un provvedimento in materia di giustizia, non ne so molto di più.
Sapevo solo di non poter mancare, visto che uno dei miei aveva in gioco un nuovo posto da sottosegretario.
Nella mia dichiarazione di voto avevo ricevuto molti applausi (ecco un pro di essere un grande leader), all'uscita dal Parlamento avevo ricevuto due numeri di telefono per trascorrere allegramente la sera (eccone un altro): mi piace "venire" sui volti delle giovani bionde che entrano nel pacchetto dell'ultimo accordo che ho stretto proprio ieri.






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domenica 24 aprile 2011

La solitudine dei responsabili primi - Capitolo 1

Fin da piccolo avevo sempre saputo dove sarei arrivato da grande.
All'età di 10 anni sono stato masturbato da una giovane donna politica brasiliana in una riunione politica del partito di papà. Ovviamente non potevano mancare le ragazze impegnate in politica, che accompagnavano grandi uomini politici in ogni evento politico. Il mio destino era, quindi, la politica.
Ricordo con piacere questo aneddoto della mia infanzia, tanto da raccontarlo nelle cene di partito: soprattutto quando ci si trova in un momento di riflessione nel partito, risulta un vero toccasana per tirare su il morale dei membri e degli organi del partito.
Ebbene sì, oggi sono il deus ex machina di un importante partito italiano. Dicendo importante, non voglio dire "storico", "dallo sconfinato bacino elettorale", "grande", ma semplicemente importante per mantenere i più delicati equilibri parlamentari.
Mi chiamo Primo Responsabile (mio padre Eustachio Responsabile mi aveva chiamato così perché ero il primo figlio maschio, destinato ad ereditare il suo impero di voti) ed ovviamente faccio sempre quello che ci si aspetta da me.
D'altronde, faccio solo quello che mi aveva insegnato mio padre, un uomo che disponeva di centinaia di migliaia di voti, ereditati a sua volta da mio nonno grazie ad un rapporto quasi feudale con gli abitanti della zona che da sempre domina la mia famiglia.
Nello studio di mio padre c'erano tante librerie, ma nessun libro («la cultura non serve ad un cazzo, figlio mio», mi diceva sempre; forse per questo motivo mi sono laureato con il massimo dei voti ed ho due prestigiosi master senza avere mai aperto un libro). Senza dubbio, però, il centro della scena era per un quadro in cui era scritto l'articolo 67 della Costituzione Italiana: "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". «Capisci, Primo, non hai nessuna obbligazione nei confronti degli elettori, che, però, avranno sempre l'obbligazione di votarti. Cerca di essere sempre Responsabile, di nome e di fatto, facendo solo quello che ti farà avere qualcosa in cambio. Do ut des, dicono i preti».


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sabato 23 aprile 2011

Un libro parla di libri nella sua giornata

Oggi, 23 aprile 2011, "Giornata mondiale del libro (e dei diritti d'autore)", avevamo provato a contattare un bestseller, un libro contabile ed il Libro dei Guinness dei primati, ma il nostro limitato budget non ci ha permesso tali exploit.
Una specie in via d'estinzione?
«Sono un libro delle bancarelle, ma ciò non mi priva della dignità letteraria», racconta con un tono mellifluo una bella e pregevole edizione di seconda mano de "L'idiota" di Dostoevskij«qualcuno non sa che noi, livres de poche, edizioni tascabili, abbiamo apportato veramente tanto alla cultura. Leggere "l'ultimo di" è una moda, ma i libri non sono mai stati di moda. La gente non legge ed i lettori non esistono, anzi, citando un passo de "L'igiene dell'assassino" di Amélie Nothomb, stiamo parlando di lettori, che è già una razza molto rara. La maggior parte della gente non legge. A questo proposito, c'è una citazione eccellente, di un intellettuale di cui ho dimenticaro il nome: "In fondo, la gente non legge; o, se legge, non comprende; o, se comprende, dimentica"».
«Comunque, fate crossbooking, mi raccomando: la cultura non ha prezzo», conclude il nostro caro amico libro.

venerdì 22 aprile 2011

L'opinione del Signor NIMBY

Il Signor NIMBY potresti anche essere tu: sposato da anni con la Signora BANANA (abbastanza più radicale di lui), senza figli, sempre pronto a protestare per tutto e per tutti.
Oggi, 22 aprile, Giornata Mondiale della Terra (o Earth Day, per i più colti), anche lui ha qualcosa da dire.
Performance del Sr. Nimby
«È quasi incredibile, la quantità di giornate da dedicare al nostro pianeta si moltiplica, ma l'attenzione reale per i più preoccupanti problemi dell'ambiente resta limitata», ci fa notare un abbastanza allarmato Nimby.
«Che rapporto c'è tra un referendum e la questione nucleare? Semplicemente non esiste, visto che tutto si può ridurre ad un'affermazione piuttosto pacifica: nessuno vuole una centrale a pochi metri da casa».
«Visto che noi occidentali facciamo le guerre per appropriarci delle risorse degli altri paesi, perché non costruire centrali nucleari lontano da casa? Quello è il punto: lontano da casa! L'importante è stare bene: se poi a settemila chilometri di distanza hanno dei problemi, bisogna ricordare loro che il progresso fa sempre delle vittime. O forse sarebbe meglio cambiare stile di vita?».
«E pensare che, quando parlo con le signore ecologiste di decrescita, spesso mi rispondono che quello è il loro colore naturale di capelli e che, al massimo, quello che sembra "ricrescita" è dovuto ad un'applicazione sbagliata di una bella tintura naturale», conclude in modo schietto e poco egoista l'eroe di tante battaglie che non hanno nulla di personale.

giovedì 21 aprile 2011

Come sta l'uomo bianco

Dopo secoli l'uomo bianco non ha ancora le idee chiare sul mondo.
Nel suo elemento naturale...
«Il mio, di ruolo, è sempre e comunque in discussione», ci fa sapere in una breve intervista telefonica l'Uomo Bianco, che in questo momento si dedica ad addestrare i ribelli libici all'uso delle armi, che sono state vendute proprio da lui qualche mese fa. «Ho fatto tanto per il mondo e continuerò a fare del bene, anche se molti credono che agisco solo nel mio interesse», conclude fischiettando Pietre di Antoine.
«Sono piuttosto stufo del fatto che io debba essere sempre quello con il ruolo ingrato di spaventare i bambini», si lamenta l'Uomo Nero, mentre prova ad ordinare il suo antro, «c'è un'evidente disparità di trattamento, anche se sono venuto a sapere che un uomo nero con i soldi viene considerato praticamente bianco».
Simpatico l'uomo bianco...
«Quest'anno è andata male, però la prossima stagione lotteremo su tutti i fronti e per tutti i titoli», dichiara un derelitto Uomo Bianco Nero.