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giovedì 19 maggio 2011

La guerra degli Hashtags

Non è il titolo di un nuovo colossal hollywodiano in costume, né vi è alcun riferimento a qualche prossimo intervento militare a difesa della libertà contro nuovi e pericolosi terroristi dal nome esotico. Un hashtag (#, o cancelletto) è il semplice strumento per creare tags su Twitter così da seguire meglio il flusso di notizie su di un determinato argomento (a proposito, #notiziedelfuturo esisterà?).
È lui: il "cancelletto" al potere
«È lo strumento più rivoluzionario degli ultimi anni in materia di comunicazione», ci spiega il webmaster di tetter.com, un social network incentrato sull'attualità e sui seni.
«Si mettono insieme, infatti, più cose che riguardano la stessa cosa, come in un libro o in un'enciclopedia, però per giovani».
«Questa parola così strana, hashtag, si può leggere ora anche sui giornali in relazione alla cosiddetta primavera spagnola, che sta favorendo il proliferare di tante chiavi di ricerca che includono a loro volta la parola rivoluzione (#spanishrevolution, #italianrevolution, etc.)», ci racconta un redivivo Dr. Smanettoni, esperto di relazioni sociali ed amorose su internet. «Tali "chiavi di lettura" sono in realtà in lotta tra di loro al fine di captare l'attenzione del classico lettore online, che normalmente ha un livello di attenzione che comporterebbe l'uso del Ritalin in altri paesi del mondo. Gli hashtags sono contenitori vuoti, che andrebbero riempiti di contenuto, essendo in realtà utilizzati per vincolare il maggior numero possibile di visite a mo' di spam, che è il grande problema del nostro secolo, anche a livello di relazioni interpersonali. Ormai non frequentiamo più persone: le conosciamo attraverso hashtags per poi riempirci a vicenda le nostre vite di spam. È la guerra quotidiana degli #hashtags», conclude Smanettoni.

venerdì 29 aprile 2011

La solitudine dei responsabili primi - Capitolo 6

Il capitolo più difficile della mia vita politica è rappresentato dalla grande rivoluzione del 2013. Un sito internet, www.malessere.org, era riuscito a canalizzare le tensioni sociali del paese con un discorso apolitico piuttosto semplice: erano le banche a governare (non posso non essere d'accordo sul tema, visto che la Cassa di Risparmio della mia città ha speso deciso la mia linea politica), il mondo del lavoro era diventata una vera e propria "trappola per giovani" e bisognava ridare valore alla cultura («la cultura non serve ad un cazzo, figlio mio», come dimenticarlo).
Tali semplici nozioni avevano dato fuoco alle coscienze degli italiani come in un qualsiasi paese di quelli con nomi strani dove hanno fatto le rivoluzioni nel 2011.
In un solo mese ed in modo totalmente pacifico, il Paese era stato conquistato dai giovani e motivati rivoluzionari senza spargimenti di sangue e senza bombardamenti di forze straniere. Sembrava quasi l'Islanda!
I poteri forti dell'establishment ovviamente non restarono a guardare: si elaborò un piano piuttosto semplice, il piano Windows, chiamato così non solo perché i nomi in inglese sono più fighi (ricordando gli appellativi delle ultime grandi operazioni militari internazionali), ma anche perché il piano consisteva nel restare alla finestra (window) nell'attesa di un fenomeno di autocorruzione dell'emergente classe politica o del suo nuovo e fiammante elettorato (così come avviene se si lascia un computer nuovo acceso con Windows: si autocorrompe nel giro di poche settimane, dicono). Sapevamo che l'elettorato sarebbe stato più rapido...
Alla fine della rivoluzione si promulgò una nuova costituzione con l'abolizione della proprietà (anche immobiliaria), la laicità dello Stato, la meritocrazia come criterio guida dell'operato nel settore pubblico e privato, la tutela della cultura ed altre amenità simili, convocando le elezioni a marzo 2014 per confermare la nuova carta costituzionale e dare corpo al nuovo Parlamento.
Ovviamente il mio partito ha preso il 14% dei voti in quelle elezioni (semplicemente ricordando alla gente quanto si viveva bene prima della rivoluzione), mentre i miei alleati hanno preso un buon 48% complessivo (l'aiuto di qualche paese estero era stato fondamentale). La morale era stata: "i cambi possono spaventare".



COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Questo è un racconto in sette puntate, scritto nella notte del 22 aprile 2011.
Un avviso è d'obbligo: ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti o esistiti è puramente casuale.
Sarà facile trovare le varie puntate, semplicemente cercando e cliccando sulla tag solitudine responsabili primi.
Non sarà possibile commentare, visto che durante questa settimana sarò assente (l'ultima puntata, quella del 30 aprile, sarà commentabile).

Ribadisco che questo piccolo progetto mi sta molto a cuore, come già ho fatto in un'altra occasione.
Propongo di nuovo una piccola iniziativa per far crescere questo blog, creando i presupposti per convertirlo in un luogo dove sviluppare idee, sebbene il punto di partenza sia solo un abbozzo di satira.
Se ti piace quello che leggi, ti suggerisco di copiare ed incollare il link di questo pezzo (o di uno che ti è piaciuto) in un'email da mandare a persone con una sensibilità affine alla tua (alla nostra, diciamo) o semplicemente farlo girare sulle reti sociali.
In poche parole, vorrei essere presentato a persone che forse potrebbero apprezzare le cose che scrivo.
Faccio affidamento, in particolare, sulle persone (followers e non) che mi seguono tutti i giorni in questa nuova avventura pseudo-letteraria. 
Grazie